I nostri Consigli
25/09/2015
Eriche invernali di Paolo Cottini
Eriche invernali
Erica x darleyensis
Nei paesi anglosassoni, gli arbusti che noi definiamo genericamente ‘eriche’ godono di tanta fama da aver originato nomi propri di persona: ad esempio, moltitudini di fanciulle si chiamano Heather, che corrisponde al latino botanico Calluna vulgaris. E se in Germania non si contano le Heidi – grazie non solo al celebre personaggio dei cartoni animati di trent’anni fa, ma anche alla voce ‘Heide’, vale a dire ‘erica’ o ‘brughiera’– cosa accade in Italia? Nessuno, ovviamente, si sognerebbe di chiamare la propria prole con il tremendo appellativo di ‘brugo’ o, peggio, ‘grecchia’ (termini popolari per indicare Calluna vulgaris), ma qualche Erica compare qua e là. Fuor di metafora, vogliamo sostenere che i piacevoli arbusti che compaiono in queste pagine sono molto ben conosciuti ed impiegati in altri Paesi, mentre solo da pochi anni gli italiani hanno riscoperto la loro utilità ornamentale. Non che prima fossero ignorati, al contrario! Per secoli, anzi, i nostri contadini si sono serviti di ‘eriche’ per fare scope, produrre miele, ricavare sostanze antireumatiche e così via, ma circa un loro uso precipuamente decorativo abbiamo dovuto imparare da altri popoli. E c’è anche una spiegazione etnologica: “La Heath inglese, la Heide tedesca hanno radici profonde nella cultura e nell’anima anglosassone e germanica: avere l’erica in giardino significa per quei popoli un riallacciarsi al mondo primitivo”, mentre “se c’è una pianta che gli italiani trascurano, questa è l’erica”. Ippolito Pizzetti scrisse queste sante parole una trentina d’anni fa, ma ora le cose vanno notevolmente migliorando.
D’ogni arbusto un fascio
La difficoltà con cui queste piante sono entrate nei nostri giardini è ancor meno comprensibile se si pensa che molte specie, tanto in voga negli U.S.A. o nel Regno Unito, provengono anche dai nostri ambienti naturali: macchie, garighe, brughiere, boschi di conifere, rupi aride e rupi umide di Alpi e Appennini sono gli habitat preferiti dalle specie che hanno scelto la Penisola. Tutto questo è ben noto ai botanici, che le hanno a lungo studiate e identificate: per fare un esempio, il napoletano Giovanni Gussone, ai primi dell’Ottocento, scoprì e descrisse la specie Erica sicula. Per far conoscere meglio le ‘eriche’ al grande pubblico, si sono dovuti superare non pochi ostacoli, talvolta legati ad una serie di pregiudizi, primo fra tutti quello relativo ad una loro omogeneità formale. Secondo alcuni, infatti, le ‘eriche’ sarebbero molto simili fra loro: niente di più inesatto, se solo si pensa che sono state create centinaia e centinaia di varietà coltivate con le forme e i colori più diversi. Ancor prima, però, vanno sottolineate le differenze tra il ‘brugo’ e le altre specie. Infatti, pur presentando molte analogie esteriori, questi arbusti sono differenti fra loro anche in misura considerevole, tanto che non sono inclusi in un unico gruppo sistematico. Il genere Calluna comprende la sola C. vulgaris, che fiorisce sul finire dell’estate, talvolta sino a novembre, mentre il genere Erica (che si distingue dal precedente perché il calice dei fiori è lungo solo la metà della corolla) abbraccia tutte le altre specie, le cui fioriture possono coprire l’intero arco dell’anno. Un secondo tenace ‘mito’ da sfatare riguarda un certo loro caratterino piuttosto schizzinoso e capriccioso, mentre in realtà, una volta adattatesi al luogo prescelto, esse richiedono poche attenzioni e danno parecchie soddisfazioni. Insomma, per partire con il piede giusto nella coltivazione di eriche, è bene innanzi tutto sgombrare il campo dalle false leggende ed evitare di fare d’ogni arbusto un fascio.
A qualcuno piace freddo
Si è appena rammentato che, mediante un’opportuna scelta di specie e varietà, sarebbe possibile organizzare un giardino – o almeno una sua porzione – inondandolo totalmente di eriche, con fioriture che gradualmente si alternano con il passare dei mesi. Considerando che l’inverno, nei nostri climi, è la stagione più ostica per avere un giardino fiorito, passiamo in rassegna le specie più preziose, che in vero non sono poi così poche! Sostanzialmente, ci affideremo a quattro specie e ad un ibrido, anche se i veri apostoli dell’inverno sono solo tre, ma con un corteggio di cultivar da appagare il giardiniere più esigente. Iniziamo da due piante che vivono in ambienti strettamente legati al mare. Un cenno merita subito l’insolita Erica sicula, che il Gussone trovò sul monte Cofano e nell’isola di Marettimo (Trapani) e che tuttora è considerata una pianta da proteggere in natura perché veramente rara, insieme con le sottospecie cyrenaica (Libia) e libanotica (Libano e Cipro). Le corolle rosee, in ombrelle terminali, si aprono solo sul finire dell’inverno, in marzo, ma i pregi della pianta sono almeno due. In primo luogo, essa ha dimostrato di poter vivere senza problemi anche fuori del suo habitat; poi, pur provenendo da rupi aride e calcaree, sopporta tranquillamente anche il terreno acido che quasi certamente è indispensabile per molte sue vicine. Del tutto differente è invece l’aspetto di Erica lusitanica, originaria delle coste atlantiche di Portogallo, Spagna e Francia: il portamento è eretto ed elegante, con rami grandi e piumosi che portano pannocchie piramidali, da cui spuntano decine di fiori bianco-rosati leggermente profumati. La fioritura avviene talvolta assai prima rispetto a E. sicula, anche in gennaio-febbraio, mentre la sua tolleranza di suoli diversi da quello originario (calcareo) è buona; essa, inoltre, resiste al gelo, fino al limite di – 15° C.
Una coppia ben assortita
Le due specie fin qui descritte non sarebbero in grado di occupare, da sole, lo spazio invernale di un giardino di eriche, anche perché quasi totalmente prive di varietà coltivate. In loro soccorso, però, giungono altre due specie, che non solo hanno dato origine a numerosissime cultivar, ma si sono felicemente incrociate fra loro, per la gioia di noi tutti. Parliamo di Erica carnea ed Erica erigena, due piante europee di grande rusticità e flessibilità. La prima – un tempo conosciuta anche come E. herbacea – in natura vive sulle montagne e sui rilievi minori dell’Italia settentrionale, fra gli 800 e i 3000 m, dando la preferenza ai suoli calcarei. Addirittura può fiorire sotto la neve e il ghiaccio, pur prediligendo l’esposizione al sole, mentre in città tollera bene l’inquinamento e la mezz’ombra. La sua altezza non supera solitamente i 30 cm, con un portamento a volte decombente, a volte allargato sul suolo. La sua controfigura occidentale, E. erigena (il vecchio nome, stranamente, era E. mediterranea) vive sulle coste atlantiche (Spagna, Portogallo, Irlanda), su suolo a volte decisamente umido e di natura calcarea. Arbusto che può superare anche i 2 m d’altezza con un portamento eretto, E. erigena è un po’ meno rustica di E. carnea, ma è in grado di sopportare temperature che arrivano a –10°C. Alcuni botanici ritengono che le due eriche sostanzialmente siano forme geografiche della medesima specie: la prima con fioritura da novembre a marzo-aprile e la seconda da marzo a maggio, in piacevole continuità. Il loro incrocio, avvenuto casualmente in Inghilterra nel XIX secolo, diede vita ad un ibrido (Erica x darleyensis) di grande importanza orticola, eccezionalmente rustico, ricchissimo di fiori e disponibile a tollerare terreni calcarei.
Varietà coltivate di Erica carnea
Cultivar |
Dimensioni max.(altezza x ampiezza in cm) |
Colori (f.=fiori; fg.=fogliame) |
Fioritura |
Note |
‘Altadena’ |
15 x 35 |
F. ciliegia; fg. giallo con punte bronzee |
I-IV |
Il fg. diventa rosso in inverno |
‘Ann Sparkes’ |
15 x 25 |
F. rosa-violetto: fg. verde brillante alla base, con punte oro |
I-IV |
E’ parente di ‘Vivellii’. Il fg. diventa rosso-malva in inverno |
‘Atrorubra’ |
20 x 40 |
F. rosa-violetto, alla fine della stagione cremisi; fg. verde scuro, un po’ glauco |
I-IV |
Fogliame piatto e aperto da giovane |
‘Aurea’ |
22 x 35 |
F. lilla-violetto; fg. oro |
XII-III |
Molto fiorifera; il fogliame assume macchie rossastre in inverno |
‘December Red’ |
22 x 45 |
F. ciclamino-violetto; fg. consistente, verde scuro |
XII-III |
Portamento aperto e vigoroso |
‘Eileen Porter’ |
15 x 20 |
F. carminio scuro; fg. verde |
XI-III |
Varietà sterile, ha una fioritura prolungata e abbondante |
‘Foxhollow’ |
15 x 40 |
F. lavanda pallido; fg. oro |
I-III |
Il fogliame diventa rosso-oro in inverno |
‘Golden Starlet’ |
20 x 40 |
F. bianchi; fg. giovane con effetto bicolore giallo-verde |
XII-III |
Il fogliame è di un verde brillante in estate |
‘King George’ |
22 x 25 |
F. rosa-violetto; fg. verde scuro |
XII-III |
Portamento molto compatto; la fioritura è precoce in zone a clima mite |
‘Loughrigg’ |
22 x 50 |
F. violetto scuro; fg. verde chiaro, un po’ glauco |
XII-III |
Il fg., in inverno, diventa bronzeo sulle punte; portamento eretto e vigoroso |
‘Myretoun Ruby’ |
25 x 45 |
F. rosa-rosso scuro ; fg. verde scuro |
I-III |
E’ una delle migliori varietà, per il contrasto tra fiori e fogliame |
‘Pink Spangles’ |
30 x 45 |
F. rosa intenso e bicolori; fg. verde brillante |
II-IV |
Una delle più affidabili, anche per il vigore; ottima tappezzante |
‘Ruby Glow’ |
15 x 35 |
F. rosa-violetto; fg. verde |
I-III |
Portamento aperto; parente di ‘Atrorubra’, un po’ meno fiorifera |
‘Snow Queen’ |
15 x 25 |
F. bianco puro; fg. verde |
XII-IV |
Fioritura prolungata e di dimensioni consistenti soprattutto nelle piante giovani |
‘Springwood White’ |
20 x 45 |
F. bianco-verdi in lunghi racemi; fg. verde mela, stabile per tutto l’anno |
XII-IV |
Fioritura prolungata; crescita rapida; eccellente tappezzante; tollera la siccità |
‘Tybesta Gold’ |
22 x 45 |
F. rosa intenso; fg. oro-limone |
I-III |
Non fiorisce bene nel primo anno, ma poi i racemi sono molto ricchi. Vigorosa |
‘Vivellii’ |
25 x 35 |
F. rosa-violetto; fg. verde-bronzo scuro |
I-III |
Molto fiorifera; splendido il contrasto tra fiori e fogliame |
‘Winter Beauty’ |
15 x 45 |
F. rosa brillante con evidenti antere marrone; fg. verde un po’ glauco |
XII-III |
Le gemme fiorali sono di color bruno |
Varietà coltivate di Erica x darleyensis
Cultivar |
Dimensioni max. (altezza x ampiezza in cm) |
Colori (f.=fiori; fg.=fogliame) |
Fioritura |
Note |
‘Arthur Johnson’ |
60 x 75 |
F. lilla-violetto; fg. bel verde medio |
XII-III |
Spighe robuste, alte fino a 20 cm |
‘Dunwood Splendour’ |
45 x 75 |
F. rosa-violetto; fg. verde medio |
I-III |
In primavera il fg. si tinge di violetto e di crema |
‘George Rendall’ |
40 x 65 |
F. rosa-violetto; fg. verde scuro |
IX-IV |
Il fg., in primavera, assume tinte giallo-rosa; fioritura prolungata |
‘Kramer’s Rote’ |
35 x 60 |
F. magenta-cremisi; fg. verde scuro bronzato |
XII-IV |
Molto vigorosa, è una delle varietà oggi più attraenti: splendida sotto la neve |
‘Mary Helen’ |
25 x 45 |
F. rosa-violetto; fg. verde-giallo oro |
II-IV |
Il fg. diventa bronzeo in inverno |
‘Silberschmeltze’ |
40 x 80 |
F. bianco argenteo; fg. verde scuro |
XII-IV |
Le spighe lunghissime fiorali sono ancor più evidenti grazie al fogliame |
Varietà coltivate di Erica erigena
Cultivar |
Dimensioni max.(altezza x ampiezza in cm) |
Colori (f.=fiori; fg.=fogliame) |
Fioritura |
Note |
‘Alba Compacta’ |
35 x 45 |
F. bianchi; fg. verde brillante |
II-V |
Fioritura abbondante e continuata |
‘Coccinea’ |
80 x 65 |
F. lilla-carminio; fg. verde-violetto |
II-V |
D’impatto, ma un po’ disordinata |
‘Golden Lady’ |
40 x 40 |
F. bianchi; fg. giallo oro per tutto l’anno |
II-IV |
Fioritura un po’ rada; crescita lenta |
‘Hibernica Alba’ |
120 x 70 |
F. bianchi; fg. verde-glauco |
II-V |
Una delle varietà più alte |
‘Irish Dusk’ |
60 x 45 |
F. rosa salmone; fg. grigio-verde scuro |
XI-IV |
Le gemme fiorali possono colorarsi precocemente in zone a clima mite |
‘Ivory’ |
35 x 50 |
F. bianco avorio con sepali rosa pallido; fg. grigio-verde medio |
II-IV |
Portamento molto compatto |
‘Mrs. Parris Lavender’ |
50 x 60 |
F. lavanda; fg. verde scuro |
II-IV |
Portamento eretto |
‘Rosea’ |
50 x 50 |
F. rosa intenso; fg. grigio-bronzeo |
III-V |
In estate il fg. diventa verde glauco |
‘W. T. Rackliff’ |
75 x 55 |
F. bianchi; fg. verde intenso |
I-V |
Una delle fioriture più prolungate; talvolta diventa alta 150 cm |
Come coltivare eriche invernali: i consigli di Mario Serioli
Nel suo vivaio sulla sponda orientale del lago Maggiore, Mario Serioli da anni coltiva quasi esclusivamente eriche, che poi vende all’ingrosso e che per vigore e bellezza temono pochi confronti. A Serioli abbiamo chiesto di svelare ai nostri lettori i ‘segreti’ per coltivare con successo le eriche invernali.
“E’ molto importante preparare bene il terreno, lavorandolo e rendendolo piuttosto soffice. Anche se queste eriche in natura vivono su suoli calcarei, nei giardini hanno miglior riuscita con terreno acido ed è quindi preferibile aggiungere torba per abbassare il pH. Ancor più importante, poi, è il drenaggio, che deve essere perfetto, poiché le eriche non tollerano ristagni. Il luogo deve essere piuttosto soleggiato, specie nelle regioni settentrionali, mentre al sud è consigliabile la mezz’ombra. Circa le temperatureinvernali, di norma non sussistono problemi, anche se per E. erigena, un po’ meno rustica di E. carnea, il termometro non dovrebbe scendere per più giorni sotto i –10°C. Le eriche vanno annaffiate, soprattutto d’estate o anche negli inverni secchi, ma la quantità d’acqua dipende anche dalla posizione in cui si trovano. Dopo l’acquisto, le piante vanno messe a dimora in modo che le radici siano un paio di cm sotto la superficie del terreno. In giardino esse danno il meglio di sé se piantate in masse, in aiuole o in roccaglia, anche senza piante d’accompagnamento: al massimo è bene accostarle alle acidofile, come camelie, azalee, conifere. Le eriche, inoltre, detestano l’irrigazione automatica. La potatura, effettuata eliminando i fiori secchi e i getti cresciuti troppo, va fatta subito dopo la fine della fioritura, verso maggio: E. erigena, però, andrebbe lasciata crescere in modo naturale. La concimazione, con prodotti a lunga cessione per acidofile, è opportuna solo se il terreno è insufficientemente preparato. Lamoltiplicazione più semplice si effettua da seme, mentre quella da talea, fatta a fine estate, è più impegnativa. Le malattie più temibili sono gli attacchi fungini, per prevenire i quali le piante vanno disinfettate con prodotti specifici o anche con il verderame da vite”.
Erica a fioritura invernale
- Erica sicula fiori rosa a marzo, tollera suoli acidi e calcarei
- Erica lusitanica portamento eretto ed elegante, fiori bianco-rosa profumati a gennaio-febbraio, tollera suoli acidi e calcarei, resiste sino a – 15°C
- Erica carnea molto rustica, nasce su suoli calcarei ma gradisce terreni acidi, esige sole, tollera l’inquinamento e la mezz’ombra, fiorisce da novembre a marzo-aprile
- Erica erigena rustica, preferisce suoli umidi, resiste sino a – 10°C, fiorisce da marzo a maggio
- Erica x darleyensis, molto rustica, molti fiori, tollera suoli calcarei ma preferisce quelli acidi
In giardino
- terreno soffice, acido, ben drenato
- temperature invernali non a lungo sotto – 10°C
- annaffiature in estate e in inverni secchi
- esposizione soleggiata al nord, mezz’ombra al sud
- piantagione con radici profonde 2 cm
- aiuole con piante in massa, eventualmente accostate a camelie, azalee, conifere
- potature a maggio, a fine fioritura
- concimazioni con prodotti specifici, solo se il terreno è povero
- moltiplicazione da seme o talea
- malattie fungine da prevenire con verderame da vite
20/092015
La potatura delle ortensie
Potare l’ortensia
Le ortensie che fioriscono sul legno dell'anno precedente, come H. macrophylla, entro l'inizio della primavera devono essere potate correttamente. Se non vengono mai tagliate, con il tempo perdono la forma e fioriscono poco.
Il genere Hydrangea, della famiglia delle Hydrangeacee, comprende circa 80 specie tra arbustive e rampicanti originarie della Cina. Tra le specie più coltivate troviamo Hydrangea macrophylla che comprende varietà con grosse infiorescenze globose di colore diverso dalbianco, al rosa all’azzurro. Visto il loro sviluppo e portamento le piante possono essere coltivate sia in vaso che in piena terra ma devono essere potate regolarmente perché se non viene mai tagliata, si espande in modo irregolare e disordinato e, con il tempo, produce fiori più piccoli.
Prima di intervenire con le cesoie, chi ha anche un piccolo dubbio deve accertarsi della specie cui appartiene la propria ortensia perché potature sbagliate possono portare a una perdita importante di fioritura: H. macrophylla, infatti, fiorisce sul legno dell’anno precedente a differenza di altre specie che fioriscono sul legno primaverile (che quindi non deve essere toccato adesso) come per esempio H. arborescens e H. paniculata.
H. macrophylla può essere potata in questo periodo(autunno) dell’anno o al massimo entro febbraio limitando l’intervento a una eliminazione dei rami più deboli, alla rimozione dei fiori secchi tagliando sopra l’ultima coppia di gemme, che sono quelle che porteranno i fiori nella stagione successiva. Vanno potate solo le piante che hanno raggiunto almeno i 3 – 4 anni di età.
1. Gli steli più vecchi, quelli di più di tre anni, devono essere tagliati alla base per rinvigorire il cespuglio. Questi rami si riconoscono dal colore scuro quasi nero e dalla corteccia rugosa e squamata.
2. I rami che hanno già fiorito vanno tagliati al di sopra di due tre gemme.
3. I rami vigorosi che provengono dalla base portano spesso in cima una gemma fiorifera e pertanto non vanno tagliati.
4. Schema dei tagli di potatura delle ortensie più vecchie, visti tutti insieme.
Per ringiovanire le più vecchie
Le piante che sono coltivate da più di 10 – 12 anni in piena terra possono essere molto sviluppate e prossime alla decadenza. Se sono cresciute in modo eccessivo e disordinato bisogna eliminare un terzo dei fusti più vecchi tagliandoli a livello del suolo: questo intervento ha l’obiettivo di ringiovanire la pianta e favorire l’illuminazione all’interno della pianta riducendo anche i rischi di attacchi di malattie crittogamiche.
Le altre specie
Le specie appartenenti al genere Hydrangea si dividono in due gruppi.
Fioriscono sul legno dell’anno:
- H. arborescens è un arbusto dal portamento eretto che raggiungere 1,5 metri d’altezza.Fiorisce da metà giugno fino ai primi freddi in modo scalare. Questa specie è la meno esigente: si adatta bene a tutti i terreni e anche alle esposizioni più assolate.
- H. paniculata è una specie arbustiva, rustica che fiorisce a partire dal mese di luglio fino ai primi freddi producendo delle infiorescenze a pannocchia di forma quasi piramidale di colore bianco-crema. Può raggiungere anche i 4 metri d’altezza.
Fioriscono sul legno dell’anno precedente:
- H. serrata raggiunge 1,50 cm. Fiorisce tra giugno ed agosto. Le infiorescenze possono essere lacecap (piatte) o sferiche.
- H. quercifolia è un arbusto che raggiunge poco più di 100 cm, con foglie rossastre. I fiori, riuniti in pannocchie, sono di colore bianco e diventano rosato- rosso con la maturità.
- H. aspera è un arbusto rustico che sopporta basse temperature. Fiorisce da luglio.
- H. involucrata può superare i 100 cm, fiorisce da agosto. Preferisce zone riparate e ombrose.
16/05/2015
Piralide del Bosso
Descrizione
La “Piralide del Bosso” (Cydalima perspectalis) è un lepidottero appartenente alla famiglia dei Piralidi di origine orientale che è molto diffuso in Giappone, Cina e Corea.
Le prime segnalazioni della sua presenza in Europa risalgono al 2006, mentre dal 2010 se n’è riscontrata la presenza nel territorio italiano, specificatamente nelle regioni del Nord.
Nel 2013 abbiamo avuto le prime segnalazioni nella provincia di Reggio Emilia in maniera occasionale e con una incidenza delle infestazioni limitata.
Puntualmente, come spesso accade per insetti esotici che compaiono all’interno di un territorio vergine e quindi privo dei naturali fattori di limitazione, durante questa annata l’insetto ha fatto la sua comparsa in gran parte dell’areale della nostra provincia con infestazioni anche molte consistenti sia in termini di danneggiamento delle piante che di percezione diretta della popolazione.
L’insetto ha abitudini alimentari legate quasi esclusivamente alle piante di bosso, danneggiandone moltissime varietà anche se pare preferire Buxus sempervirens varietà rotundifolia che ha dimensioni della lamina fogliare maggiori. Sono segnalati attacchi anche su piante di Pachysandra terminalis, Ilex ed Euonymus, non ancora segnalati nella nostra provincia.
Abbiamo invece constato la frequentazione di piante di specie differente dal bosso (platano, tiglio, prunus, acero, conifere ecc.) sulle quali però non sembra svolgere attività trofica.
IL DANNO
La larva si nutre delle foglie, dei germogli e, occasionalmente dei giovani rametti. Erodendo le lamine fogliari porta a manifestazioni sintomatologiche molto evidenti con un rapido mutamento dell’aspetto della pianta che perde il caratteristico colore verde intenso per manifestare disseccamenti più o meno diffusi e una colorazione ocracea tipica di foglie che hanno perduto la capacità fotosintetica.
All’interno del fogliame compare una fitta rete di fili sericei prodotti dall’attività della larva all’interno dei quali rimangono intrappolati i residui dell’attività della larva stessa, le esuvie delle mute successive e gli escrementi dell’insetto.
Forti infestazioni portano a gravi defogliazioni delle piante con perdita del valore paesaggistico degli esemplari, spesso protagonisti di siepi formali in giardini storici o semplicemente adornanti dimore private o giardini pubblici.
Con il tempo la drastica defogliazione porta alla perdita completa del portamento caratteristico delle piante che, anche se non porta a morte l’esemplare, ne causa un danno estetico considerevole.
L'insetto è anche in grado di effettuare delle migrazioni nell'intorno delle piante di bosso ed è quindi facilmente rinvenibile, in caso di forti infestazioni, anche sulle strutture poste nelle vicinanze (muretti, marciapiedi ecc.).
IL CICLO
Le notizie in merito al ciclo biologico non sono ancora complete, o meglio, non abbiamo ancora certezza di come si comporti all’interno dei nostri areali. Indicativamente possiamo dire che l’insetto può compiere due - tre o quattro generazioni nel corso dell’anno e trascorre l’inverno come larva all’interno del bozzolo sericeo tessuto tra le foglie delle piante.
Le larve riprendono l’attività trofica all’innalzamento delle temperature primaverili (indicativamente nel mese di aprile), completano lo sviluppo, si impupano e danno origine alla prima generazione di adulti nel mese di giugno. Secondo quanto riportato in bibliografia occorrono circa 30 – 40 giorni per compiere un ciclo completo (da uovo ad adulto).
L’adulto è una farfalla con ali bianche corredate da una tipica banda marrone scuro sui bordi. L’apertura alare di circa 40 mm.
Le uova vengono deposte tipicamente a gruppi dagli adulti, in maniera tale da formare delle caratteristiche oviplacche di 15-20 elementi collocate nella pagina inferiore delle foglie. Inizialmente le uova appaiono di colore giallo chiaro, mentre in seguito tendono ad imbrunire lasciando intravedere al loro interno una macchia scura corrispondente alla capsula cefalica nera della larva in via di formazione.
Le larve di prima età sono lunghe circa 1,5 mm, presentano un colore tendenzialmente giallastro con il capo nero. Inizialmente, appena uscite dalle uova, si nutrono in forma gregaria e sono quindi facilmente osservabili in piccoli popolamenti nella pagina inferiore delle foglie. In questa fase la larva si nutre esclusivamente della parte inferiore delle foglie risparmiando l’epidermide superiore.
A partire dalla terza età le larve si nutrono erodendo completamente la foglia che assume un tipico aspetto scheletrizzato a seguito della perdita totale del lembo e della conservazione delle nervature. Le larve in questa fase cominciano a tessere i fili sericei allo scopo di avvolgere mazzetti di foglioline e creare dei “nidi” all’interno dei quali si incrisalidano.
Lo sviluppo larvale avviene con una successione di età variabili (generalmente 5 o 6 stadi) caratterizzati da un progressivo incremento delle dimensioni e da una colorazione che diviene sempre più intensa. Il colore delle larve rimane sempre con una caratteristica tinta di fondo gialla-verdastra con bande laterali nere, mentre appare molto evidente il capo nero. A maturità le larve raggiungono le dimensioni di 38-40 mm.
La crisalide ha una lunghezza di 20 mm circa e si presenta di colore inizialmente verde chiaro e poi virante al bruno. Le troviamo nascoste con cura all’interno della vegetazione, avvolte da un bozzolo sericeo biancastro.
LA LOTTA
Nei confronti di questo insetto non risultano ancora registrate per l'impiego specifico sostanze attive particolari.
E' preferibile scegliere prodotti a basso impatto ambientale in grado di preservare quanto più possibile l'integrità dell'ecosistema, anche allo scopo di favorire il naturale controllo dell'infestante.
Prodotti come il Bacillus thuringiensis var. Kurstaki o come i regolatori di crescita sono in grado di fornire risultati apprezzabili senza creare gravi alterazioni dell'equilibrio ambientale. per assicurare l'efficacia del trattamento occorre intervenire nei confronti di larve giovani sulle quali i prodotti si rivelano maggiormente efficaci.
Sono disponibili trappole sessuali per la cattura degli adulti che consentono, attraverso il monitoraggio del volo delle farfalle, di posizionare correttamente gli interventi.
15/05/2015
Trattamenti consigliati per i mesi di aprile e maggio
FRUTTICOLTURA
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COLTURA |
PARASSITA |
DIFESA |
VITE (germogliamento) |
Oidio |
Nelle aree ad alta pressione della malattia intervenire con Biotiol a 40 g. Ripetere l’intervento dopo 7 giorni. |
VITE (prima foglia distesa-grappoli separati/fioritura) |
Peronospora + Oidio |
Iniziare la difesa contro la peronospora quando i tralci raggiungono la lunghezza di 10 cm e continuare la lotta all’oidio. Trattare con Antiperonospora a 60 g effettuando 3 trattamenti ogni 10 giorni oppure Poltiglia Bordolese a 100 g trattando ogni 7 giorni. Per la lotta contro l'oidio miscelare Mystic 5 SC a 23 ml. |
MELO e PERO (da rottura gemme a inizio ingrossamento frutti) |
Ticchiolatura + Oidio |
Trattare con Venturex 35 L a 18 ml in miscela conMystic 5 SC a 25 ml. Mantenere protetta la vegetazione trattando ogni 7 giorni. |
MELO e PERO (caduta petali) |
Afide grigio |
Trattare a caduta petali con Nuprid 200 SL a 5 mloppure Piretro naturale a 20 ml in miscela con Olover a 50 ml. Irrorare con cura la vegetazione e, in caso di necessità, ripetere il trattamento dopo 7-10 giorni. |
PERO (caduta petali) |
Tentredine
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Trattare a caduta petali con Piretro naturale a 20 ml. |
PERO (frutto noce) |
Psilla del pero |
Nella prima decade di maggio trattare con Roris a 15 ml. Irrorare con cura la vegetazione e ripetere il trattamento dopo 10 giorni. |
MELO e PERO (da frutto noce a inizio ingrossamento frutti) |
Verme delle mele Ricamatori della frutta |
Nell'ultima decade di maggio trattare con Cutis a 20 ml. Irrorare con cura la vegetazione e ripetere il trattamento dopo 7-10 giorni. |
Cocciniglia di San Josè |
Trattare a fine maggio con Cutis a 25 ml in miscela con Olover a 250 ml. Irrorare con cura la vegetazione. |
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PESCO (da fine fioritura a caduta petali) |
Afide verde |
Trattare con Nuprid 200 SL a 5 ml oppure conPiretro naturale a 20 ml in miscela con Olover a 50 ml. Irrorare con cura la vegetazione e ripetere il trattamento dopo 7-10 giorni. |
Bolla |
Trattare con Venturex 35 L alla dose di 20 ml. Effettuare 2-3 interventi a 7 giorni d’intervallo. |
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Monilia dei fiori |
A fine fioritura trattare con Propydor a 6 ml. |
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Allegagione |
Applicare a fine fioritura Linfaplus a 3 ml. |
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PESCO (da scamiciatura a ingrossamento frutti) |
Oidio + Bolla |
Trattare con Mystic 5 SC a 40 ml in miscela conVenturex 35 L a 20 ml. |
Tignola Orientale Anarsia |
A metà maggio trattare con Cutis a 20 ml oppure con Roris a 15 ml. Irrorare con cura e mantenere protetta la vegetazione trattando ogni 10-12 giorni fino all’invaiatura. |
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Cocciniglia bianca |
Da metà a fine maggio intervenire contro le neanidi migranti con Cutis a 25 ml in miscela con Olover a 250 ml. |
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ALBICOCCO (da fine fioritura a caduta petali) |
Monilia dei fiori |
A fine fioritura trattare con Propydor a 6 ml. |
Allegagione |
Trattare in fioritura con Linfaplus a 3 ml. |
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ALBICOCCO (Ingrossamento frutti) |
Oidio |
Trattare con Biotiol alla dose di 30-40 g. |
Anarsia |
A metà-fine maggio trattare con Roris a 20 ml. |
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CILIEGIO (da pre fioritura a fioritura) |
Monilia dei fiori |
Trattare con Propydor a 6 ml. |
Allegagione |
Trattare in pre fioritura e fioritura con Linfaplus a 3 ml. |
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CILIEGIO (da caduta petali ad allegagione) |
Monilia dei fiori
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Trattare con Propydor a 6 ml.
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Afide nero |
Trattare con Roris a 15 ml oppure con Piretro naturale a 20 ml. |
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CILIEGIO (invaiatura) |
Mosca delle ciliegie |
All’invaiatura (cambiamento di colore dei frutti) trattare con Rogor SL a 10 ml. |
SUSINO (fioritura) |
Monilia dei fiori |
Trattare con Propydor a 6 ml. |
Allegagione |
Trattare in pre fioritura e fioritura con Linfaplus a 3 ml. |
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SUSINO (da caduta petali a allegagione) |
Monilia dei fiori |
Trattare a caduta petali con Propydor a 6 ml. |
SUSINO (ingrossamento frutti)
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Afide farinoso
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Trattare con Roris a 20 ml oppure con Piretro naturale a 20 ml in miscela con Olover a di 50 ml. Ripetere l’intervento dopo una settimana. |
OLIVO (da ripresa vegetativa ad allegagione) |
Cocciniglie |
Trattare con Olover a 300 ml. |
Occhio di pavone + Fumaggine |
Trattare con Poltiglia Bordolese a 100 g oppure Tri Base a 60 ml.
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Allegagione |
Trattare ad inizio, fine fioritura e ad allegagione avvenuta con Linfaplus a 5 ml. |
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AGRUMI (da ripresa vegetativa ad allegagione) |
Fumaggine |
Alla ripresa vegetativa trattare con Poltiglia Bordolese a 100 g oppure Tri Base a 60 ml. |
Clorosi ferrica |
Alla ripresa vegetativa distribuire sul terreno, lungo la circonferenza di proiezione della chioma, Ferrochelatoalla dose di 100 g per pianta sciolto in 25 litri di acqua. |
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Afidi |
Trattare ad inizio fioritura con Nuprid 200 SL a 5 mloppure con Piretro naturale a 20 ml. |
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Allegagione |
Trattare ad inizio e fine fioritura con Linfaplus a 10 ml. |
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KIWI (da germogliamento a inizio ingrossamento frutti) |
Clorosi ferrica |
Alla ripresa vegetativa distribuire sul terrenoFerrochelato alla dose di 50 g per pianta sciolto in 15-20 litri di acqua. |
Allegagione |
Trattare a caduta petali con Linfaplus a 3 ml. |
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Cocciniglia bianca |
Trattare con Olover a 200 ml. |
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VITE FRUTTICOLTURA OLIVO AGRUMI |
Concimazione |
Dopo la fioritura distribuire, sulla superficie di terreno coperta dalla chioma, Azolent a 250-300 g per pianta. Durante la fase dell’ingrossamento dei frutti distribuire Azovel a 100-150 g/pianta; ripetere dopo 30 giorni. |
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ORNAMENTALI E TAPPETI ERBOSI (dosi riferite a 10 litri d’acqua o a 100 mq) |
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COLTURA |
PARASSITA |
DIFESA |
ALBERI E ARBUSTI ORNAMENTALI |
Antracnosi, Alternariosi, Ticchiolatura |
Trattare con Poltiglia Bordolese a 100 g oppure conTri base a 40 ml. |
Oidio |
Trattare con Propydor a 5 ml oppure con Biotiol a 40 g. |
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Occhio di pavone e fumaggine degli olivi ornamentali. |
In presenza delle prime macchie fogliari trattare conPoltiglia Bordolese a 100 g oppure Tri base a 60 ml. |
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Afidi |
Trattare con Nuprid a 5 ml. |
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Ticchiolatura e oidio della Rosa |
Alla comparsa delle malattie trattare con Venturex 35 L a 20 ml oppure Tri Base a 40 ml in miscelacon Propydor a 5 ml. Effettuare 3-4 interventi ogni 7 giorni. |
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Cocciniglie |
Trattare con Anticocciniglia a 8-10 ml per litro di acqua. |
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PRATI DI GRAMINACEE |
Diserbo foglie larghe |
Trattare con Zergan EW alla dose di 60 ml per 100 mq in 4-6 litri di acqua. Far trascorrere 3-4 giorni tra il trattamento ed il taglio successivo. |
Malattie fogliari |
Alla comparsa delle prime manifestazioni di Pythium trattare conAntiPythium a 120 ml per 100 mq in 10-20 litri di acqua. |
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Muschio |
Sciogliere 30-50 g di Rinverdente Antimuschio in 10 litri di acqua e distribuire su 10 mq. Non effettuare tagli per 3-4 giorni dopo il trattamento. Estirpare il muschio morto con un rastrello. Ripetere dopo 15 giorni. |
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Concimazione |
Ad inizio aprile distribuire uniformemente Fertiland T.E. Keeper a 30-40 g/mq e, subito dopo, annaffiare per 15 minuti. In maggio distribuire Azovel a 20 g/ mq. |
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PALME |
Punteruolo rosso |
Nella prima quindicina di maggio trattare con Roris a 25 ml. Nelle aree a verde pubblico o negli spazi ricreativi utilizzare Bado Insetticida Concentrato a 25 ml. Per prevenire le infezioni fungine secondarie, provocate dalle erosioni operate dalle larve, miscelare all’insetticida Propidor a 5-6 ml oppure Poltiglia Bordolese a 100 g. |
06/2/2015
La ripresa vegetativa del tappeto erboso
Prepariamoci per affrontare al meglio questo nuovo anno. Tra poche settimane inizia il 2015 anche per quanto riguarda la gestione del tappeto erboso, ecco un piccolo piano biotecnico per risvegliare il prato dalla seconda metà di febbraio.
Innanzitutto eseguite un taglio basso, se avete lasciato il tappeto d’inverno sui 4 cm , potete portarlo a 2,5 cm. Il taglio deve essere eseguito con foglia asciutta, dunque nelle ore più calde. A questo punto si esegue una arieggiatura o meglio definita Verticut, cioè una operazione che tramite delle lame verticali che girano su un rotore azionato da un motore a scoppio (Arieggiatore), taglia verticalmente la cotica del prato fino a intaccarlo per pochi mm, asportando il materiale depositato durante l’inverno (Feltro).
Foglie morte del tappeto, paglia e polveri in generali, con il tempo si depositano tra le piante del tappeto e il terreno, accumulandosi e aumentando di spessore. Quando lo spessore raggiunge i 4 mm è necessario rimuoverlo, altrimenti interferisce con le pratiche agronomiche di routine (Taglio, Concimazione e Irrigazione) e favorisce l’insorgenza delle malattie fungine più dannose nel periodo primaverile-estive.
28/11/2014
Cura del prato (mese di Dicembre)
CONSIGLI E STRATEGIE MANUTENTIVE
per il mese di dicembre
TAPPETO ERBOSO
La temperatura è uno dei principali fattori che determinano il tasso di crescita del
manto erboso.
Con il freddo lo sviluppo dell’erba rallenta fino alla dormienza.
Gli sbalzi termici, sia verso il basso che verso l’alto, danneggiano il tappeto erboso.
Il freddo intenso può far gelare l’ acqua dei tessuti verdi che, aumentando di volume,
possono lacerarsi, creando danni irreparabili o anche la morte per disidratazione.
Anche il soffocamento, o anossia, causato da condizioni anaerobiche derivanti dal
permanere di uno strato di ghiaccio, può deteriorare fortemente il manto erboso,
perché in quella condizione i batteri e le piante non trovano più ossigeno disponibile.
LAVORI:
Taglio
Il tappeto erboso, a dicembre, è in fase di riposo vegetativo.
Solamente nel meridione, se le temperature si sono mantenute miti si effettua l’ultimo
taglio.
Effettuare gli ultimi tagli mantenendo l’erba un po' alta.(senza esagerare max 5 cm)
In questi mesi la pioggia abbondante può letteralmente inzuppare il terreno : in caso,
evitate di calpestare il tappeto erboso,per non compattarlo e impedire una corretta
circolazione dell’aria al suo interno.
Concimazione
Nel periodo invernale si sconsiglia di effettuare concimazioni.
Effettuare concimazioni errate o esagerate, mette il nostro tappeto a rischio di attacchi
fungini.
Solo in casi particolari e dove non siano state effettuate le concimazioni autunnali si
può intervenire con del potassio da solfato, che aumenta la resistenza dell’erba al
freddo.
Pulizia
Rimuovere prontamente dalla superficie del prato qualsiasi tipo di detrito vegetale e le
foglie secche cadute dalle piante, al fine di scongiurare l’insorgenza di asfissie o
marciumi. Con l’abbassarsi delle temperature alcune piantine possono ingiallire senza
tuttavia rimanere danneggiate.
Questa operazione dovete effettuarla in giornate soleggiate e nel primo pomeriggio,
evitate di calpestare il prato al mattino, quando questi è coperto dalla brina, perchè
rischiate di danneggiare i tessuti verdi dell’erba.